La maschera simbolo di libertà?

Ho sempre pensato che la menzogna nasca quando si crea una scissione tra l’essere e l’apparire, tra il modo in cui siamo e il modo in cui ci presentiamo, e che quindi sotto il profilo etico l’obbiettivo sia cercare di ridurre al minimo questo iato. Tutti gli anni a scuola leggo con i miei ragazzi e ragazze il passo di Rousseau del Discorso sulle scienze e le arti in cui dice: “nessuno osa più apparire come è” per impostare una base filosofica per la critica alla nostra società dei social.

Eppure alcuni episodi mi fanno dubitare di questa certezza.

Sto pensando alla situazione che si è creata in Cina, dove dalla fine del 2022 i ragazzi protestano contro il regime semplicemente mettendo un foglio bianco davanti al volto.

In Cina il bianco è un colore del lutto, e l’inizio della protesta era collegato a un incendio in cui erano morte delle persone. Ma subito la protesta era diventata politica, contro le restrizioni imposte dal governo per lottare contro il COVID. E poi era diventata globale, contro la censura imposta da Pechino: il foglio bianco come simbolo di tutto quello che si sarebbe potuto dire e che invece non si poteva pronunciare.

Ma c’è dell’altro. Banalmente, se tieni il foglio davanti al volto le telecamere di sorveglianza (onnipresenti, dicono, in Cina) non ti possono riconoscere. Così si può essere se stessi (protestare contro il governo) senza apparire (nel senso di farsi riconoscere). La “maschera” diventa simbolo di libertà, o almeno strumento di libertà.

Naturalmente non è una scoperta mia: è d’obbligo ricordare almeno Oscar Wilde:

Un uomo non è del tutto se stesso quando parla in prima persona. Dategli una maschera, e vi dirà la verità.

E poi anche, naturalmente, la maschera beffarda di V per vendetta, ripresa da La casa di carta; e prima ancora Pirandello, e poi la figura del giullare in Shakespeare…

Insomma, davanti al potere la scissione tra essere e apparire è la strategia della sopravvivenza.

Questa però è diventata anche la “giustificazione” del “leoni da tastiera” che nel chiuso delle loro caverne (che possono essere anche bar, stazioni, treni… : la “caverna” è ovviamente una metafora per la bolla di autoreferenzialità tipica di tutti social con il corollario del bias di conferma) si lanciano in sperticati attacchi contro tutti e tutto al grido di: “Attenti! Vi hanno ingannati! Vi ingannano! Sveglia!”. Da qui le shitstorms indagate da Han nel suo post-messo-per-iscritto di Nello sciame.

Quindi dov’è la frontiera?

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